Torna alla luce un batterio “d’epoca”, identificato nei resti di un uomo sepolto da 700 anni sotto le rovine del villaggio medievale di Geridu, in Sardegna. Il microrganismo appartiene alla specie Brucella melitensis ed è responsabile della brucellosi, l’infezione del bestiame che in rari casi può colpire anche l’uomo dando febbre, dolori articolari e affaticamento. Il Dna del microrganismo è stato identificato grazie ad un’innovativa tecnica di analisi genetica dai ricercatori britannici della Warwick Medical School di Coventry, che pubblicano la loro scoperta su mBio, la rivista della Società americana di microbiologia. Il loro studio parte dall’analisi di un nodulo calcificato trovato nella regione pelvica del cadavere di un uomo di mezza età deceduto 700 anni fa. «Di solito in questi casi si pensa subito alla tubercolosi, perchè è quella l’infezione più comune che causa calcificazione», spiega il coordinatore dello studio Mark Pallen. «Quando abbiamo trovato il batterio Brucella – aggiunge – siamo rimasti un pò sorpresi». Il Dna del batterio è stato identificato grazie ad una tecnica di sequenziamento chiamata ‘shotgun metagenomicò, che consente di analizzare a raffica tutto il Dna presente in un campione biologico, facendolo ‘al buiò, cioè senza avere un’idea precisa di quello che si troverà. I frammenti di Dna estratti hanno l’aspetto un pò invecchiato (sono più corti dei frammenti moderni e presentano particolari mutazioni alle estremità). Dalla loro analisi emerge che il ceppo medievale di Brucella (battezzato come Geridu-1) è strettamente imparentato con un ceppo più recente chiamato Ether (identificato in Italia nel 1961) e ad altri due ceppi nostrani scoperti nel 2006 e nel 2007. I ricercatori pensano ora di usare la stessa tecnica di analisi genetica per analizzare i resti di mummie egizie, coreane e ungheresi, così come quelli di una regina francese della dinastia merovingia.
lanuovasardegna.it
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